giovedì 27 ottobre 2011

La correttezza politica: i grandissimi vantaggi


Per una qualsiasi persona che sia intelligente e conosca un bel po’ di persone è importante utilizzare un linguaggio “Politicamente Corretto”. A questo punto viene inevitabilmente da chiedersi cosa sia questo linguaggio che si cerca di utilizzare per essere più diplomatici e risultare tolleranti e privi di qualsivoglia pregiudizio. Va bene. È chiaro che per avere una sorta di posizione super-partes bisogna adottate questo registro di comunicazione, per cercare di non inimicarsi le varie classi, razze, religioni, età, orientamento sessuale, deformità o una qualche malattia. Ma voglio soffermarmi più sul perché sia necessario essere politicamente corretti.
 Scommetto 100€ che chi ha ideato questa cosa era bianco, occidentale, cristiano, etero, perfettamente in forma e sulla quarantina. E probabilmente vincerei. C’è bisogno di essere conformati per vedere la diversità e affermare che non sia un problema, per paura che poi qualcuno venga a dirti che hai fatto qualche discriminazione. Bisogna mettere le mani avanti, colpire prima di essere colpiti. Come se dare un nome differente alla realtà dei fatti la cambi. Come se cercando di trovare un modo più “carino” di chiamare una fascia di persone le normalizzi e in tal modo possano entrare senza visto ed in modo permanente nel Paese degli esseri umani che possono andar bene per la comunità. Come se evitare il problema chiamandolo con un diverso nome lo faccia sparire. Ebbene cambiando nome il succo non cambia. Se la rosa avesse un nome differente, smetterebbe forse di profumare in quel modo? Sicuramente no (e questo non lo dico io ma Shakespeare…ma sì alla fine anche io).
 E invece per coloro che fanno parte delle cosiddette fasce cosa cambia a sentirsi chiamare con un appellativo politicamente corretto, cosa ci guadagnano? Niente! La magrissima consolazione di sentirsi considerati nella società. Qualche handicappato, per esempio, vuole sentirsi chiamare diversamente abile. Bhè una bella consolazione per un handicappato. Avrò una vita tempestata di dispiaceri e difficoltà però accidenti voglio essere chiamato diversamente abile.
 Non c’è niente di sconvolgente in quello che sto scrivendo e non voglio insultare nessuno, ci mancherebbe altro. Sto solo riconoscendo dei fatti, che sono l’ipocrisia da parte dei “normali” nel cambiare i nomi alle varie tipologie, e l’altrettanta ipocrisia di coloro che pretendono che si usino certi termini, che si battono per i diritti di qualcuno e poi non riescono ad ammettere la situazione; di fondo c’è un enorme problema di accettazione di una qualche situazione: si cerca di non cedere mai alla speranza che tutto diventi normale, persino quando ormai la speranza non può più esserci. Ma nessuno va biasimato per questo.
 Qualcuno potrà affermare che il linguaggio politically correct sia utile per non ricordare ogni volta la problematica che rende “diversi” a coloro che lo sono. Infatti immagino la gioia di un cieco che si sente chiamare “non-vedente” nel fatto che non gli sia stato fatto presente che non può vedere. Purtroppo cambiando il nome la situazione non cambia. Un nero se viene chiamato afro-americano non penso che di colpo si impallidisca, ma non per questo lo vedrò diverso da me.
 Vorrei concludere con una frase che disse mio nonno quando avevo all’incirca 10 anni: “se uno è negro, perché devo dire che è nero? Negro deriva dal latino e quindi secondo me è anche più corretto.” In quel momento ricordo che pur essendo giovane risposi a mio nonno che nero era più corretto da dirsi. Ripensandoci ora ad almeno 10 anni di distanza, penso che non avesse poi tutti i torti, per quanto continui io a pensarla come 10 anni fa. Semplicemente la vedo in modo diverso. Se non si sfocia nella volgarità e nell’insulto, cosa che veramente a quel punto sarebbe disdicevole, poco conta come vengono chiamate le varie “categorie” (che poi è anche brutto cercare sinonimi di divisioni sociali, ma per capirci bisogna pur farlo), purché se ne riconoscano le limitazioni, le caratteristiche e le potenzialità, se ne rispettino le usanze, e gli si dia la giusta importanza e uguaglianza.

1 commento:

  1. vedi law, credo che questo perbenismo verbale trovi radici nella volontà di alcune persone di non voler offendere mai nessuno...atteggiamento non sempre pagante poichè si riesce ad essere offensivi anche con il sorriso sulle labbra, ma ben vengano in alcuni casi raffinatezze verbali che possano in qualche modo rallentare lo tsunami della volgarità tra noi umani. Per quanto attiene al rispetto di ogni individualità, nera o bianca, abile o diversamente abile, è una questione di intelligenza e purtroppo non tutti ne sono dotati.
    noi ci aspettiamo grandi cose da voi giovani.
    a presto sul blog. elena ammannito

    RispondiElimina