mercoledì 7 dicembre 2011

Il futuro è delle macchine


Siamo quasi nel 2012 ormai e la vita, tra profezie, crisi, disastri ambientali e quant’altro sta sempre più andando verso la direzione del telematico, digitale, non personale. Ogni persona può sentirsi accanto ad un’altra essendo pure a migliaia di kilometri di distanza, semplicemente seduti sulla poltrona, con gli occhiali inforcati ed il viso inazzurrato da uno schermo retroilluminato da 15 pollici. Ogni persona ha bisogno di sentirsi unita alle altre attraverso qualcosa che passa per un cavo trasparente che copre tutta la distanza.
Ogni persona ha bisogno di far sapere alle altre l’emozione che prova, mentre la prova, perdendosi di fatto la completa assimilazione di essa. Ogni persona ha bisogno di far sapere alle altre ciò che sta facendo, dove e con chi, chissà, magari sperando che qualcun altro non presente lo sappia e ne rimanga male. Ogni persona ha bisogno di immortalare il proprio idolo quando lo incontra per far rimanere qualcosa nella memoria collettiva più che nella sua, visto che il tempo che spreca per fare la fotografia avrebbe potuto utilizzarlo per rendere quell’incontro seriamente indimenticabile. Ogni persona ha bisogno di far capire i propri gusti postando canzoni, frasi di dubbia intelligenza e genialità o altro, affinché tutti possano capire la sua sensibilità e i suoi pensieri in quel preciso istante, e sperando che qualcuno se ne accorga. In fondo è di questo che ha bisogno ogni persona: di sentire che qualcuno si accorga che esiste; se per caso si rendesse conto che a nessuno interessa quello che ha da dire, anche se con parole altrui, passerebbe giorni di completa insicurezza. Ha bisogno di sentirsi accettata, da tutti, molti, qualcuno, pochi, a volte basta anche una sola persona, se è quella di cui il suo status parla. Questo bisogno spasmodico di approvazione, di celebrità istantanea, di comunità fittizia, di amicizia informatica e di comunicazione bypassata porta ad una chiusura in sé stessi e dentro le case che fa rabbrividire al solo pensiero. Persone che si conoscono solo tramite una chat e che una volta faccia a faccia non sanno di cosa parlare, sia perché ormai gli argomenti sono finiti, ma soprattutto perché non c’è quel rettangolo di cristalli liquidi a proteggerci dalla vergogna, dall’imbarazzo di dover intrattenere una conversazione con l’altro sesso, e che con molta abilità della lingua è stato chiamato “schermo” (secondo me si chiama così proprio perché protegge da quello che potrebbe esserci dietro). Altre che cercano di diventare i nuovi Guru della nostra generazione ricercando la Verità assoluta, sputando sentenze che loro reputano profonde, sentendosi i nuovi Leopardi generazionali ma dicendo soltanto cose sentite e risentite. Altre ancora che hanno completamente perso la personalità e il contatto umano con la gente, tanto da rifugiarsi sempre più in quello che leggono da qualcuno che è stato più veloce a rintracciare una data citazione. Qualcuno che invece pensa che solo per il fatto che è capace di denunciare una qualche situazione sbagliata, di colpo essa cambi, che basti scrivere su Facebook “Questa cosa fa schifo!” per rigirare repentinamente la faccenda. Persone che scambiano la creatività e l’arte con qualcosa vòlto esclusivamente a riscuotere consensi, nonché danaro. Persone che ormai vivono in una sorta di “realtà virtuale” o di “finzione tangibile” per quanto hanno perso il contatto con l’umanità. C’è bastato molto poco tempo per perdere la nostra condizione di indipendenza da tecnologia. D'altronde è comoda, veloce, facile, utile, come negarlo?! Ma stiamo perdendo man mano la capacità di arrivare a capire ciò che è realmente importante, la capacità di essere indipendenti da un oggetto. In fondo chi temeva di vedere un giorno la macchina prevalere sull’uomo, proprio come nel film “Wall-E”, non si era poi tanto discostato da quello che sta succedendo. Certo non sono i robot asimoviani a schiavizzare la nostra civiltà, ma qualcosa di simile è in atto. E come dei pesci stiamo rimando sempre più impigliati nella rete. 

4 commenti:

  1. Mi piace moltissimo la finzione tangibile. C'era una storia bellissima in un topolino del 1983, che ancora ho ovviamente, che parlava in termini profetici della rete, in un tempo in cui c'erano i primi "personal" computer. Qui ho trovato un link http://cellularcomputer.altervista.org/uploaded_files/DCP/Zio%20Paperone%20e%20la%20rivoluzione%20elettronica.pdf Si tratta veramente di una visione molto avanti e molto attuale. La soluzione finale poi è geniale! Meditate gente...

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  2. mi piacerebbe sapere come fa a ricordarsi che è proprio quel dato topolino..

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  3. simpatica ed interessante tematica che mi induce a riflettere profondamente.
    mi accorgo di quanto sia vera la citazione in titolo, vivendo e scontrandomi quotidianamente con ciò che ormai regna incontrastato nella mia vita: il mio pc
    ...però, seguitemi.. pc significa "personal computer", ma potrebbe anche significare "piccolo cuore" o ancora meglio "propria coscienza". mi fermo qui nell'elenco delle possibili combinazioni di iniziali perchè ce ne sarebbero decine, ma non è questo che voglio sottolineare, piuttosto l'effetto che queste iniziali possono avere sull'uomo.
    se per esempio prendiamo la "propria coscienza",il pensiero corre verso la spasmodica ricerca di contenuti che anima la ricerca via internet, vuoi per ragioni di studio, vuoi per ragioni di lavoro o di svago; tutte indistintamente ci conducono ad un mondo infinito di informazioni a nostra disposizione e, a volte, anche l'amicizia telematica diventa un'informazione.
    questa ricerca di contatti, informazioni, riscontri presuppongono comunque la presenza di un nucleo propulsore di energia che muove la sua direzione verso ciò che arricchisce. Altro è l'utilizzo che se ne fa nelle fasi successive, cioè quando tutte le informazioni sono state acquisite.
    L'energia di cui parlo fà da sfondo (e non parlo di desktop) a quella meravigliosa creatura che è l'uomo, creata da Dio o frutto di mutazione cellulare poco importa ora per il mio post; quell'uomo che "tutto muove" con la sua volontà e, consapevole che ad ogni sua scelta corrisponde una conseguenza, è anche una creatura molto libera.
    Voglio dire insomma, che le macchine non si sostituiranno mai completamente all'uomo, piuttosto esorto tutti ad usarle con intelligenza, la stessa che esse non hanno. Concludo con una similitudine a me tanto cara: la tastiera del nostro personale computer è come la tastiera della nostra coscienza ed è come la tastiera di un pianoforte...possiamo scegliere (sempre) quale sinfonia suonare.

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  4. ...il futuro è nelle macchine...

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